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Villa Scagliola

Villa Scagliola, già citata dalle guide turistiche di fine Ottocento come Villa Hasehburner, deve il suo aspetto gotico-inglese agli interventi effettuati dai suoi primi proprietari.

Nel 1880 Antonio Restellini, industriale della zona, vendette un modesto edificio, che era annesso alle fornaci di vetro site un po’ più in là, al gentiluomo inglese Charles Hasehburner; egli affidò all’architetto elvetico Augusto Guidini (già progettista di Villa Taranto, dell’asilo di Locarno, di Villa Della Casa a Baveno) il compito di trasformare il piccolo edificio in una villa fortemente marcata da quello stile eclettico che fu tipico delle costruzioni di lago dell’epoca.

Secondo una tecnica di cui il Guidini (e non solo lui solamente) era appassionato, si fece largo impiego di scagliola, piccole scaglie di pietra, con cui fu realizzato il paramento murario particolarmente raffinato e gradevole alla vista.

Molto affascinanti sono i sotterranei, dove un tempo sorgeva la fornace: i soffitti a volta in mattoni, alti più di sei metri, garantiscono all’edificio sovrastante un buon isolamento dall’umidità, che altrimenti risalirebbe sia dal lago, sia dal ruscello di cui arditamente non si volle deviare il corso, lasciando che passasse, in bella vista, proprio sotto la villa.

Se all’inglese si devono gli interventi edilizi, chi ridisegnò il parco fu però il successivo proprietario, il tedesco Friedrich Messtorff. Egli nel 1906 fece modificare completamente la parte del parco a monte della strada: infatti la peculiarità della villa è di essere collegata al proprio grande parco per mezzo di due piccoli tunnel che passano sotto la litoranea.

Il Messtorff fece tracciare viali sinuosi, una scenografica scalinata che culmina in un tempietto, una vasca per le piante acquatiche; ingentilivano ancor di più il complesso alcune raffinate statue dello scultore milanese simbolista Adolfo Wildt, professore accademico di Brera e valente esecutore di opere concepite nello splendido marmo locale estratto dalle cave di Candoglia; alcune di esse erano riproduzioni di modelli classici e, in almeno in un caso, “Le maschere dei coniugi”, erano invece di sua ideazione.

L’impianto arboreo, in gran parte originario, consta di vecchissime querce, camelie, rododendri, glicini, sequoie, Magnolie grandiflora, Rose banksiae e Ficus repens.

Due aceri e tre cipressi (un quarto è purtroppo morto) incorniciano elegantemente la facciata a lago della villa, accentuando l’aspetto slanciato e la scansione verticale del complesso.

Gli ultimi interventi edilizi, condotti l’anno seguente alla conclusione del primo conflitto mondiale (1919) sono dovuti al senatore Luigi Della Torre – nonno dell’attuale proprietario – che acquistò la villa ristrutturandola ulteriormente e introducendo elementi architettonici in pietra di Varese.

Da allora il complesso mantiene immutato il proprio fascino un poco retrò e forse leggermente malinconico, che lo rende uno dei più begli esempi verbanesi di villa e giardino tardo-ottocenteschi.

Giardino privato non visitabile.